Siamo in piena era Pistoletto: commemorazioni, celebrazioni, mostra al Chiostro del Bramante; certo, quando si arriva a novant’anni…
Con l’occasione emerge dalle profondità del nostro archivio (2016, sette anni fa), bella impolverata, una cronachetta che facemmo in occasione di un evento alle terme di Caracalla intitolato “La Mela Reintegrata di Pistoletto”. Eccola:
In un profondo recesso nei sotterranei delle Terme di Caracalla, che non avremmo mai visto non fosse stato per questa occasione, eccolo, questo masso di marmo statuario di Carrara, non monolitico, come ci avevano fatto credere nella presentazione, ma assemblato. Che va bene lo stesso, intendiamoci, anche se qualunque forma scolpita in un unico blocco fa più effetto. Ancora di più se è molto grande (due metri e mezzo di diametro). Il contrasto fra i mattoni rosicchiati dai millenni, e il purissimo marmo bianco è di gran scena.
La mela è morsa e poi ricucita. Da Eva? “…partendo dal morso che rappresenta il distacco del genere umano dalla natura, la Mela Reintegrata rappresenta l’entrata in una nuova era nella quale mondo artificiale e mondo naturale si ricongiungono producendo un nuovo equilibrio planetario”. Pistoletto dixit.
Spiegazione non necessaria perché la mela è comunque bella per come è e per dove è stata piazzata, e non ha bisogno di aria fritta di supporto.
Sette anni dopo siamo di nuovo nei sotterranei di Caracalla, per un’altra mostra, stavolta con performance, di Yuval Avital.
Urla, lamenti, buio e dolore. L’artista multimediale (pittura, scultura, foto, suono, luce e buio) con “Lessico animale – Mysterion” crea un’opposizione fra la lussuosa quiete dei bagni e dei giardini superiori e la bestiale sofferenza degli schiavi che a centinaia lavoravano qui sotto.
E il giro, di grande emozione, (e diciamo anche a rischio d’inciampo, data l’oscurità) nel labirinto underground termina alla mela di Pistoletto, nel suo profondo recesso, un bel po’ più sporca e polverosa di quando l’avevamo vista sette anni fa.
Adesso usciamo dall’atmosfera claustrofobica dei sotterranei e andiamo a respirare sotto la chioma balsamica del magnifico cedro che riempie il cortile del Museo di Roma in Trastevere.
Qui troviamo il secondo grande vecchio: Armando Trovajoli (all’anagrafe Trovaioli, come specificato varie volte; chissà il perché di quella j aggiunta?) onorato con una mostra intitolata: “Una leggenda in musica”.
Spesso (anche in questo caso) le mostre sulla musica e i musicisti si risolvono in pareti cosparse di vecchie fotografie di colleghi musicisti, di vecchie immagini di registi e vecchie locandine dei loro film, di vecchie partiture e vecchie copertine di dischi; e quella che dovrebbe essere la protagonista, cioè la musica, che non si può mostrare ma bisogna ascoltare, diventa un confuso brusio di fondo in uscita da cuffie, altoparlanti o monitor TV.
In più questa volta abbiamo trovato discutibile il testo dell’invito all’evento diffuso da Zetema: “A dieci anni dalla scomparsa, Roma presenta la prima mostra che ricostruisce la lunga carriera artistica del maestro di musica leggera Armando Trovajoli (Roma 1917 – 2013), pianista, compositore e direttore d’orchestra italiano ecc. ecc.”
Ma perché una definizione così riduttiva come “maestro di musica leggera”? A guardare questa locandina, ci viene da dire che con quell’orchestrona sinfonica, quel fior di direttore e in più Santa Cecilia in persona sullo sfondo, tanto leggero Trovajoli non doveva essere.