A balia per quattro anni a Pamiers dove era nato; un periodo esagerato, ma allora si usava. Questo è il debutto nella vita di Gabriel Fauré, piazzato, diciamo così, a pensione da subito.
Quando lo riportano a casa, accanto alla scuola dove insegna il padre c’è una cappellina. Ne parla nei suoi ricordi: “In quella cappellina c’era un armonium, e appena potevo correvo lì; suonavo malissimo: nessun metodo, nessuno studio, ma ero felice; forse è questo che si chiama vocazione.”
A nove anni entra alla Scuola di Musica Classica e Religiosa a Parigi, un istituto preparatorio per fornire organisti alla chiesa. Quasi un carcere: austero il regolamento, cupe le camerate, scadente il cibo, ma l’educazione musicale, che livello! Fra i professori c’è Camille Saint-Saens, che poi diventerà suo amico per la vita.
Dopo il diploma Faurè è occupato da mattina a sera a guadagnare un magrissimo stipendio come organista in chiesa e insegnante di pianoforte a casa.
Spesso non va d’accordo con i parroci. Dal Salvatore di Rennes, una volta che si presenta per suonare alla messa della domenica in abito da sera, direttamente di ritorno dal suo peccaminoso giro nei locali notturni, lo cacciano.
Niente paura: con l’aiuto di Saint-Saens trova un altro organo in un’altra chiesa.
Questo andirivieni gli lascia pochissimo tempo per comporre. E’ un problema che lo importunerà tutta la vita, anche quando, da grande, è ormai un famoso organista nonché direttore del Conservatorio di Parigi; per trovare un’ora da dedicare alla creazione deve aspettare le vacanze e ritirarsi in qualche albergo in montagna, magari in Svizzera.
Nel 1883 sposa Marie Fremiet, una donna “priva di bellezza, spirito e anche di dote; fredda e limitata” secondo il simpatico commento degli amici, e per di più gelosa della di lui vita mondana, che in effetti è piena di incontri, flirt e amicizie, mentre lei (ma non è costretta da nessuno, tanto meno da Gabriel) rimane a casa.
Pare che, sempre a sentire gli amici, Gabriel piacesse moltissimo alle donne, che “gli cadevano ai piedi a frotte” in tutti i salotti di Parigi. Malgrado questo, il matrimonio con Marie andò avanti liscio, all’insegna dell’affetto e del rispetto.
Per mantenere la famiglia Fauré continua a sopportare questo martirio giornaliero fatto di ore all’organo nella chiesa della Madeleine e di altre ore a insegnare il pianoforte alle signorine di buona famiglia.
Le sue composizioni non gli rendono praticamente niente perché lui le vende al suo editore alla ridicola cifra di 60 franchi l’una rinunciando ai diritti d’autore.
In questo periodo scrive anche opere più impegnative, fra cui il Requiem, del quale il parroco della Madeleine, quando Fauré glielo propone, dichiara: “Non ci interessano queste novità: il repertorio che abbiamo è più che sufficiente”.
Questa mancanza di riconoscimento pubblico gli provoca grandi crisi di depressione. In più gli capitano spiacevolissimi infortuni professionali come quando una ben pagata e importante commissione per un’opera su versi di Paul Verlaine gli sfugge perché il poeta, perso nel suo delirio alcolico, non riesce a completare il testo, a rivederlo, a correggerlo e a consegnarglielo.
Nel 1905 scoppia lo scandalo del Prix de Rome, un prestigiosissimo premio consistente in un soggiorno di due anni a Villa Medici a Roma, che col tempo era degenerato in una specie di organizzazione mafiosa a vantaggio degli allievi di un professore, guarda caso a capo della commissione.
Ravel, allievo di Fauré, che non faceva parte di questa cosca, era stato eliminato tutte le volte che aveva concorso. Finalmente il presidente fellone è costretto a ritirarsi; al suo posto entra Fauré che riesce a moralizzare la faccenda. A costo di irritare la cricca tiene duro e si guadagna la fama di Robespierre della musica. Ravel non parteciperà più al premio; comunque giustizia è fatta.
Purtroppo in questo periodo capita anche a lui la maledizione dei musicisti: la sordità. Non solo ci sente sempre meno, ma in più le note del registro alto gli arrivano terribilmente stonate.
La situazione peggiora e così, nel 1920, all’età di 75 anni, Fauré deve dare le dimissioni dal Conservatorio. Riceve la Legion d’Onore, onorificenza che raramente arrivava all’occhiello di un artista, e due anni dopo chiude la sua carriera con un magnifico tributo pubblico da parte della Francia e del suo presidente.
“Una splendida celebrazione alla Sorbona, alla presenza dei più illustri artisti francesi, che gli diede grande gioia. Uno spettacolo commovente osservare l’artista, presente all’esecuzione delle sue opere di cui non sentiva neanche una nota, sedere pensoso guardando nel vuoto, malgrado tutto felice e appagato”.